sabato 13 aprile 2013

LA PREFAZIONE AL LIBRO


Solo conoscendo il passato si può tentare di comportarsi bene nel presente e diventare migliore per il futuro.   Autore ignoto


Un popolo non può fare a meno del proprio passato e non può e non deve assolutamente dimenticare che la vita di oggi è figlia legittima di quella di ieri e tradizioni e passato non vanno trascurati o peggio rimossi, quasi fossero una vergogna: chi lo fa è come se rinnegasse i propri genitori e le proprie radici o spezzasse l’anello di una catena, alla quale tutti noi siamo appesi.        Raffaele Roffa

Presentazione


Il lavoro sul trentennale del terremoto dell’80 [1] e i quasi quindicimila contatti avuti, per la massima parte dall’estero, hanno suscitato in me la curiosità e la voglia di scoprire le storie di emigrazione dei sammennesi e , soprattutto, i motivi per cui questi emigranti, molti di seconda generazione, sono rimasti legati al loro paese di origine. Ho pensato perciò di dare il via ad una raccolta di immagini, racconti, testimonianze riferiti per lo più a Santomenna prima del terremoto e, più precisamente, al periodo successivo alla seconda guerra mondiale. Ho provato a fare una ricerca sugli usi, costumi e tradizioni del nostro paese: feste, giochi, magia e credenze, la vita in casa e nei campi, l’artigianato, il modo di vestire, ricerca di quel mondo ormai scomparso.

Durante la raccolta dei dati ho potuto constatare che alcune persone, fra quelle interpellate, hanno volutamente rimosso questo passato dalle proprie vite, hanno tentato di dimenticarlo e di esorcizzarlo poiché, probabilmente, lo associano alla mancanza di comodità, di benessere, alla fatica, ai sacrifici, agli stenti, alle sofferenze di un duro e quotidiano lavoro per procurarsi quanto necessario per vivere, a incominciare dal “pane quotidiano” per sfamare la famiglia, quasi sempre numerosa. Alcuni hanno cercato di rimuovere quel passato anche eliminandone i simboli quotidiani. Spesso infatti mobili (lu mbastapan’) e stoviglie sono state cedute a scaltri rigattieri in cambio di oggetti senza storia, ma moderni. Ho avuto comunque modo di raccogliere molte testimonianze grazie alla disponibilità di tante persone che invece, specialmente gli emigrati rientrati in occasione della festa di luglio, con grande entusiasmo, con struggente nostalgia e senza alcuna remora, hanno voluto ripercorrere il loro passato. Solo grazie a loro ho potuto ricostruire alcune situazioni, alcuni stili di vita e comportamenti e soprattutto alcuni valori ormai appartenenti al passato: grazie di cuore!
Avrei voluto ritrovare i ricordi di tempi ancor più remoti ma ho dovuto rinunciare per mancanza di fonti dirette. Il mio tentativo, dunque, è di provare a raccontare di un paese e, soprattutto, di una comunità che non ci sono più perché scalfiti dal tempo e, soprattutto, dal terremoto dell’80. La mia speranza è che questo lavoro possa contribuire a ricordare ai nostri giovani, che troppo freneticamente vivono il presente, pezzi di storia della comunità di cui fanno parte. Spero di arrivare a quei giovani che, per fortuna, non vivono negli stenti e nella povertà in cui hanno vissuto i loro nonni e bisnonni, sperando che prendano coscienza dei sacrifici affrontati dai loro avi prima di consegnare loro un paese tranquillo e sereno e un relativo benessere, sicuramente prima sconosciuto.
Questo libro vuol essere un omaggio anche ai nostri emigranti che, lo ripeto, più di ogni altro hanno a cuore il nostro paese, vuole raggiungere prima di tutto loro: quei sammennesi sparsi nel mondo, rimasti tali nel cuore e nell’animo anche se sono nati all’estero. Infine con queste pagine desidero rendere omaggio alle 64 vittime del terremoto, fra cui i miei genitori: il terribile sisma, alle 19.20 del 23 novembre 1980, in pochi secondi cancellò aspetti importanti della storia del nostro paese: scorci, strade, abitudini, modi di vivere e situazioni che vorrei cercare di riproporre attraverso racconti, testimonianze ed immagini.




[1] ancora disponibile in rete all’indirizzo www.trentennalesmenna.blogspot.com

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